L'università italiana è in crisi?

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Gabriele
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L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Gabriele »

Migliaia di indirizzi. Concorrenza tra le facoltà. Caccia grossa agli studenti. E ai soldi, che sono sempre meno. Risultato: l'Italia perde terreno in Europa. Così si affaccia un'idea semplice quanto rivoluzionaria: se cominciassimo a premiare gli atenei più efficienti, non sforneremmo laureati migliori?
Alla Sapienza di Roma ci sono studenti che comprano gli esami con la complicità, oltre che di qualche professore, di bidelli factotum? Che volete, il nostro, rimane il paese del pezzo di carta.
Così non c'è da stupirsi se ogni tanto scoppiano casi del genere. Più significativo, per buttarla sul paradossale, è quando accade il contrario: che un docente compri il lavoro di un allievo. È la classica storiella: il cane che morde l'uomo non fa notizia, l'uomo che morde il cane sì.
Ebbene, a Trento è stato rinviato a giudizio un cattedratico della facoltà di economia, con l'accusa di avere acquistato (per 500 mila vecchie lirette) le tesi di due ragazzi, nemmeno tanto brillanti, visti i non eccezionali voti di laurea. Obiettivo: inserirne ampi brani, compresi gli errori di battitura, in un volume necessario al professore per diventare ordinario.
Povera università italiana. Le iscrizioni che dopo anni di stasi se non di declino sono tornate a crescere, i laureati che magari impiegheranno sette anni a tagliare il traguardo ma che dal 36 per cento del 1994 sono arrivati al 52 per cento sul totale degli immatricolati, la percentuale di popolazione tra i 25 e i 27 anni in possesso di titolo accademico passata dall'11 al 21 per cento.
Da qualunque parte si guardi, l'università continua ad apparire la grande malata del sistema Italia. Il numero di laureati sull'intera forza lavoro attiva è addirittura avvilente in confronto a quello dei competitori europei Germania, Francia, Gran Bretagna.
I fuori corso rimangono una caterva. Non basta: per seguitare con gli impietosi paragoni internazionali, la spesa universitaria italiana sul pil è dello 0,63 per cento, contro 1,13 della Francia, 1,11 della Gran Bretagna e 1,04 della Germania. Gli investimenti annui per la ricerca in ambito universitario sono di 2,9 miliardi di euro contro i 4,9 di Francia e Gran Bretagna e i 9 della Germania. Noi abbiamo lo 0,33 per cento di ricercatori sulla popolazione in età da lavoro, la metà delle altre nazioni. Per non infierire su un piccolo particolare: la stragrande maggioranza delle risorse se ne va in stipendi per il personale, ben l'86,85 per cento dei 6,18 miliardi del Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo), il cuore dei trasferimenti di denaro dallo Stato agli atenei.
Certo, gli attuali 6.451 fra corsi e diplomi di laurea (anche se al momento si sovrappongono vecchio e nuovo ordinamento e molti appaiono destinati a esaurirsi) sembrano francamente troppi.
Da Bolzano a Palermo, le università sono oggi 77, 198 i comuni che ospitano almeno un corso di studi, mentre corsi di laurea e diplomi a livello universitario sono 6.451.
I docenti di ruolo sono 54.000. Il 36 per cento dei ricercatori e il 65 per cento dei professori ordinari hanno più di 50 anni. Solo il 52 per cento degli iscritti arriva alla laurea. Un quarto abbandona dopo il primo anno.
L'età media degli studenti è di 23,4 anni, 27,8 l'età in cui ci si laurea, 7 gli anni di permanenza nelle facoltà. Il 54 per cento degli allievi lavora a tempo pieno o parziale.
Fonte: Panorama
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Pier D.
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Pier D. »

Sono d'accordo con la riduzione dei Corsi di Laurea prevista dalla Riforma Gelmini. E se togliessero di mezzo il sistema 3+2 sarei ancora più felice... del resto non dimentichiamo che la qualità e la specializzazione di un formazione può avvenire anche con diverse modalità.
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job1983
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da job1983 »

Pier D. ha scritto:Sono d'accordo con la riduzione dei Corsi di Laurea prevista dalla Riforma Gelmini. E se togliessero di mezzo il sistema 3+2 sarei ancora più felice... del resto non dimentichiamo che la qualità e la specializzazione di un formazione può avvenire anche con diverse modalità.
Non ho mai capito il senso di questo 3+2.
Ad esempio, nella triennale della mia facoltà si fa tutto quello che si faceva nel vecchio ordinamento quadriennale, i programmi sono gli stessi, gli esami idem...che senso ha? Nella specialistica sto praticamente ripetendo le stesse cose :shock: :shock: :shock:
Ultima modifica di job1983 il mercoledì 1 aprile 2009, 16:04, modificato 1 volta in totale.
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Hermione
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Hermione »

Perchè se le studi due volte, le impari meglio :G)

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Pier D.
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Pier D. »

Hermione ha scritto:Perchè se le studi due volte, le impari meglio :G)
In realtà si dovrebbe trattare di approfondimenti... in ogni caso quando la 3+2 verrà congedata nessuno avrà a dispiacersene...
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Luca Carbone
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Luca Carbone »

nel mio caso la triennale ed il biennio non sono per niente ripetitivi anzi, sono bene organizati e manco tanto pesanti da affrontare, prorio perché non male organizzati!! tuttavia non amo la 3+2 perché non ha senso la triennale che, nonostante sia nata per fornire un bagaglio di conoscenze sufficiente per entrare nel mondo del lavoro pur non avendo terminato il ciclo formativo standard (ed anche qui ci sarebbe da ridire visto il caso di francesco che gli hanno fatto fare in tre anni la "vecchia Economia" facendogli così di fatto compiere il percorso formativo per intero) sforna in realtà masse di dequalificati che col solo pezzo di carta della triennale, sebbene abbiano realmente sufficienti conoscenze per assolvere compiti per lo meno minimi nelle rispettive organizzazioni professionali, non sono per niente competitivi nella selezione del personale, visto che le aziende preferiscono (a buona ragione) un quinquennalista. faccio l'appunto che più mi compete però: le aziende farebbero bene a fare iter di selezione meno spersonalizzati e meno fondati sull'analisi dei curricola (molte volte analizzati male) visto che non sempre dicono tutto quel che c'è da sapere, cari i miei psicologi aziendali!! ;)
i signori miei (futuri, e lo spero) colleghi sanno bene che le persone posseggono qualità, competenze e capacità che una carta da sola non dimostra come pure persone plurititolate non tanto capaci nel cambiamento personale e nell'innovazione del ruolo, cose normali nell'odierno modo di concepire il lavoro, flessibile.
Tutte le cose portano scritto: più in la. (E. Montale)

TeoSheva
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da TeoSheva »

anche per ingegneria la formula 3+2 e' molto valida secondo me: nella triennale si aquisiscono tutte le conoscenze di base e nella specialistica si approfondisce un particolare ramo... credo che un ingegnere vecchio stampo abbia delle basi solidissime, ma anche che abbia delle conoscenza specifiche ridotte...
NOI REALIZZIAMO I VOSTRI SOGNI

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Luca Carbone
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Re: L'università italiana è in crisi?

Messaggio da Luca Carbone »

TeoSheva ha scritto:... credo che un ingegnere vecchio stampo abbia delle basi solidissime, ma anche che abbia delle conoscenza specifiche ridotte...
concordo, la 3+2 è nata proprio per ovviare a questa cosa.
Tutte le cose portano scritto: più in la. (E. Montale)

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